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libro secondo - capitolo ottavo 131


e però si migliorano. E lo stile in particolare ha d’uopo di questo rivocamento, sia quella parte di esso che dipende dal componimento materiale delle parole, sia quella che ha meglio dello spirituale e si attiene piú specialmente alle cose e al modo di vederle, sentirle e rappresentarle. Io lascerò parlare su questo proposito i due maestri piú insigni dell’etá nostra.

L’uno di essi insegna che «l’ottimo scrivere italiano non può farsi se non con lingua del Trecento e stile greco»1. L’altro accenna donde ciò provenga; imperocché, «come lo stile latino trasportato nella lingua dei trecentisti non vi può stare se non durissimo e, come diciamo volgarmente, tutto di un pezzo; cosí lo stile greco vi si adatta e spiega, e vi sta cosí molle, cosí dolce, naturale, facile, svelto, che insomma sta nel luogo suo e par fatto a posta per questa lingua»2; e conchiude che «l’arte di rompere lo stile, senza però slegarlo, conviene impararla dai greci e dai trecentisti»3. Lo stil rotto, il cui vezzo in Italia è assai antico, poiché giá il Pallavicino si burlava dei «periodi atomi»4, e Gasparo Gozzi dello scrivere «a singhiozzi»5 e

«a sbalzi»6, ci venne dallo studio delle lingue secche e analitiche di oltremonte. Rispetto poi a quella parte dell’elocuzione che risiede nell’euritmia delle parole e delle cose, nell’incorporamento dei pensieri colle frasi, «nella distribuzione delle idee principali, nella giuntura e nel colore delle subalterne»7, e in fine nel colore e nell’accordo di tutto il discorso, egli è pure indubitato che gli scrittori antichi sovrastanno ai moderni eziandio migliori. «Quanto piú leggo i latini e i greci, tanto piú mi s’impiccoliscono i nostri anche degli ottimi secoli, e vedo che



  1. Giordani, ap. Leopardi, Epistolario , t. ii, p. 283. Consulta ibid. , pp. 292, 293, e Giordani, Opere , t. i, pp. 54.6-549; t. ii, p. 3S0.
  2. Leopardi, Epistolario, t. i, p. 50.
  3. Ibid., t. i, p. 180. Vedi inoltre ciò che dice il Giordani della grecitá demostenica del Segneri (ibid., t. ii, p. 293), e quanto discorre il Leopardi intorno a quella di Lorenzino (ibid., t. i, p. i50) e alla italianitá di Senofonte (ibid., p. 9i).
  4. Trattato dello stile, 4.
  5. Opere, t. iii, pp. 26, 56; t. viii, p. i2i; t. xiii, p. i28.
  6. «Stile a sbalzi come gli zampilli delle fontane» (ibid., t. xvi, p. 346).
  7. Giordani, Opere, t. i, p. 549.