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ordinata e distesa, dovendo essi procedere alla spicciolata e a frastagli, secondo l’angusta misura del foglio e i casi che occorrono di giorno in giorno; onde loro non è dato né di tener conto della logica connessione delle materie, né di abbracciare tutto quanto il loro argomento, né di rappresentare le attinenze che legano insieme i diversi veri, né di condurre innanzi ed accrescere con idee nuove il capitale della scienza, la quale, se non va innanzi, sosta e dietreggia. L’entratura o vogliam dire la creazione intellettiva si disdice ai fogli giornalieri come agl’ingegni volgari; e siccome ella nasce dall’ instruzione superiore, cosi non può avere altro campo proporzionato che i libri. Gli antichi romani (che tanto sovrastavano ai popoli moderni nel buono giudizio), benché avessero i loro diari, non gli adoperavano nei temi piú importanti, onde uno di loro disse che «per dignitá del popolo di Roma si usava scrivere negli annali le cose illustri e le umili nei giornali» (0. E il Leopardi, che morde frequentemente l’abuso dei fogli volanti, alludendo al divario che corre per tal rispetto fra il costume degli antichi e il nostro, osserva che per desiderio di lode «i moderni domandano articoli di gazzette e quelli domandavano libri» ( 2 ), atteso che se non ci vincevano nel desiderio di fama, ci superavano almeno di accorgimento nel procacciarla.

Ai difetti inevitabili della forma si aggiungono quelli di chi l’adopera, malagevoli a cansare. La letteratura dei giornali suol fare, rispetto agli scrittori, presso a poco lo stesso effetto che la divisione soverchia del lavoro riguardo agli artieri; rintuzzando l’ingegno, troncandone i nervi, rompendone l’elaterio, diseccandone la vena, smorzandone la fiamma, disusandolo dalla profonditá, avvezzandolo a sfiorare gli oggetti anzi che a sviscerarli, e rendendolo insomma fiacco, avvizzato, triviale, meccanico, servile, inetto a creare. Tal è il risultato di ogni opera a spizzico, quando la partizione è troppo minuta e precisa; giacché l’uomo, essendo moltiforme, ha bisogno di varietá, di

(!) Tac., Ann., XIII, 31. (2) Opere, t. il, p. 158.