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il pontefice le ristorasse. Lo stesso sentimento animava le nazioni forestiere e le rendeva benevole o meno avverse agl’instituti ortodossi; imperocché le eresie e l’incredulitá moderna essendo nate cosi dai vizi e dall’ignoranza dei chierici come dalla lega di Roma coi despoti e dalle gesuitiche corruttele, il ritirare la religione cattolica verso le massime fraterne dell’evangelio e Lamicarla alla coltura era un renderla di nuovo credibile e veneranda1.

La fazione municipale di Torino contribuí per piú capi ad accrescere il male. L’impresa di Carlo Alberto e l’ordinamento del regno dell’alta Italia tendevano a ravvivare le vecchie massime della corte romana e degli altri principi sull’equilibrio della penisola, e a destare il timore che L instituzione del nuovo Stato noi turbasse con grave pregiudizio degli altri domini e sovrattutto della Santa Sede. Unico rimedio ma efficacissimo contro tali paure era la lega italica, che fu chiesta piú volte e sollecitata, ma invano, da Pio. L’iterata ricusa accrebbe le gelosie e le conghietture sinistre, il sospetto diventò certezza, massime che il primo rifiuto venne da Cesare Balbo, il quale in teorica avea consigliato ciò che in pratica disdiceva. Né il male fu medicato dai successori, anzi accresciuto in un certo modo, perché le pratiche introdotte da loro essendo state a poco andare rotte dal Tinelli, Roma si confermò vie piú nel pensiero che il re di Sardegna aspirasse al principato di tutta Italia, quando i ministri che voleano da senno la confederazione non aveano potuto tenere il grado che pochi giorni. Anche qui il pontefice mal s’apponeva, attribuendo all’ambizione di Carlo Alberto (scrupoloso all’eccesso in tutto che riguardasse Roma) gli effetti della grettezza e imperizia municipale. Ma le apparenze favorivano il presupposto, e si capisce come Pio, tenendosi per depositario anzi che padrone dei domini ecclesiastici, si staccasse da chi era in sembiante e in voce di appetirli.

Il rifiuto della lega accrebbe la mala volontá del papa anco per un altro verso, distogliendolo dalla guerra patria. «Pio nono



  1. Consulta Apologia, cap. i.