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alpini cogli appennini e componendo di tutti una sola famiglia»(*>. Ma Carlo Alberto, che tenne nobilmente l’invito, mal corrispose colle opere, parte per colpa propria, parte per quella delle fazioni ; onde, a malgrado del nuovo Piemonte, le recenti esperienze dimostrano che prevale ancora l’antico. Cosicché se i meriti accennati al principio di questo capitolo lo chiariscono degno di assumere la signoria egemonica, i falli discorsi nel primo libro lo mostrano poco abile a maneggiarla. Cinque erano nel Risorgimento gli uffici dell’egemonia sarda, cioè la guerra dell’indipendenza, la lega politica, il regno dell’alta Italia, l’indirizzo diplomatico della penisola inferiore e la resistenza alla parte repubblicana, che in quelle congiunture non potea far altro effetto che di mettere ogni cosa a scompiglio. Ora in tutte queste parti i rettori mostrarono un’imperizia e un’imprevidenza piú incredibili che singolari. La guerra fu incominciata con valore, ma condotta con mollezza, accompagnata da errori gravissimi e finita poco nobilmente, essendosi nelle due campagne ceduto a un primo disastro. La lega, trascurata (a dir poco) da Cesare Balbo, fu formalmente disdetta due volte dai successori ; né il gran nome di Pellegrino Rossi potè espugnare la cieca ostinazione del governo sardo. Il regno dell’alta Italia non solo ebbe contro i repubblicani e i municipali delle provincie inferiori ma quelli eziandio del Piemonte, e incontrò tanti nemici congiurati a suo danno quanti furono i complici della mediazione. D’indirizzare con assennata destrezza e tenere nella buona via gli altri Stati e principi italiani non si ebbe pure il pensiero; e quando venne l’ora che bisognava frenare con vigore i puritani forieri al Tedesco, ciascun sa qual sia stato il senno dei democratici. Si può dunque dire che dei molti obblighi che correvano al Piemonte come potenza egemonica, niuno sia stato compreso, non che osservato a dovere. Fra gli uomini che ci ebbero parte ai pubblici maneggi, io fui solo o quasi solo a farmi un vero concetto di tal potenza, a misurarne i debiti e l’importanza e a cercare di metterla in atto. Ma non che essere secondato fui

( 1 ) // primato, p. 86.