Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 2, 1911 - BEIC 1832860.djvu/235


libro secondo - capitolo secondo 231


segna i popoli levantini; onde riusci a salvare, per cosi dire, se stesso a scapito della natura umana, spogliandola di quella perfettibilitá inesausta che la privilegia. Nell’antico e culto Occidente, cioè presso i popoli ellenici e latini, le rivoluzioni furono per lo piú non dinastiche ma politiche, e l’instituzione civile del popolo fu il castigo del regno. Ma quando gli ordini ecclesiastici ebbero dato il modello dei rappresentativi, che presso gli antichi solo in germe si ritrovavano, la monarchia traligna e scaduta potè rallignarsi e ringiovanire, ritirandosi dall’assoluto al civile delle sue origini. Se non che, siccome, a dir vero, il principato costituzionale non è altro per ordinario che un apparecchio a repubblica, il trovato della rappresentanza giovò assai meno a ravvivare e perpetuare il regno che a farlo morire piú lentamente e in modo conforme alla legge di gradazione.

Considerata però in se stessa la monarchia civile è una forma buona di governo, che sarebbe perpetua se i principi non ne abusassero. Laddove l’assoluta non si può dir buona che in certi tempi straordinari, quasi dittatura ereditaria o «tutoria reale», come viene appellata dall’Alighieri1; e però diventa mala come tosto i popoli escono di pupillo e sono capaci di autonomia, atti a provvedere e migliorare le cose proprie. L’autonomia in universale non è che l’esplicazione del pensiero ne’ suoi due termini o poli, che sono libertá e ragione; la quale esplicazione, considerata ne’ suoi effetti, è la civiltá. Quando adunque un popolo è abbastanza incivilito da «pensare a se medesimo»2 e ha il sentimento del proprio valore come conserto di forze intellettuali e volitive, egli è idoneo a partecipare del reggimento proprio, e la sua autonomia ripugna non meno all’arbitrio dispotico di un principe che ad un imperio forestiero. La capacitá universalmente è misura del diritto, e ivi in radice è il potere legittimo dove alberga la mente atta ad esercitarlo. Nei popoli incolti un solo può primeggiare a buona ragione, perché se non altro l’altezza e consuetudine del grado che occupa lo rende



  1. Conv., iv, 5.
  2. Machiavelli, Disc., i, 49.