Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 2, 1911 - BEIC 1832860.djvu/141


capitolo decimoquarto 137


dall’amor del pubblico bene. Ma se allora giovavano all’Italia, ora le nocerebbero, alterando l’istoria e inducendo i dominanti a credere che sia loro facile l’aggirare i coetanei e il fuggir la giustizia espiatrice dei futuri.

Il vero si è che il re sardo avea deposto dal ventuno in poi ogni serio pensiero delle cose italiche; pogniamo che talvolta la memoria delle umiliazioni e ingiurie sofferte dall’Austria e la brama di vendicarsene si ridestassero nell’animo suo. Ma esse non riuscivano ad alcun disegno formato; e quando sali al trono, i folli tentativi e gli scritti intemperati di Giuseppe Mazzini, non che fargli riprendere le idee della sua giovinezza, gliele resero odiose come infeste alla sua potenza. Tornò in appresso a vagheggiarle, mosso dalla nuova scuola italiana, che le pose in altro aspetto e le mostrò accordabili colla monarchia e la religione, anzi atte a farle rifiorire e rinnovarne l’antica gloria. L’invito che io gli feci nominatamente nel Primato risvegliò nel cuor suo concetti e desidèri assopiti da lungo tempo; gli mostrò il modo di cancellare un’onta vecchia e non dissipata dalle regie grandezze, di rendere una la sua vita politica, di giustificare le antecedenze e i principi e far glorioso lo scorcio del suo regno. Non si vuol però credere che sin da quel punto l’impresa italiana pigliasse nella sua mente atto di ferma risoluzione, poiché l’indole dubitosa e perplessa non gli consentiva una mutazione troppo subita, e le esitazioni seguenti provano che penò a lungo prima di decidersi a trarre l’ultimo dado.

Il cambiamento succede a poco a poco per la forza crescente della pubblica opinione, l’esempio di Pio nono e gli eventi che sottentrarono di mano in mano dentro Italia e fuori, i quali in fine resero necessitá ciò che dianzi poteva essere elezione.

L’esito delle imprese dipende in gran parte dal fine, e suol essere infelice ogni qual volta l’intenzione che le muove non è abbastanza retta e non risponde alla loro grandezza. Questo difetto originale fu la cagione precipua degl’infortuni di Carlo Alberto; e giova dirlo a instruzione dei regnanti e di tutti coloro che intraprendono cose insigni, affinché si persuadano che la perfetta moralitá del proposito è condizion capitale della buona