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capitolo decimoquarto 127


riprendessero non solo le critiche odierne ma le preterite1. Ben si richiede che l’ufficio venga adempiuto da un uomo che non cada in sospetto di volersi vendicare sopra un sepolcro e che, pogniamo che sia stato offeso, abbia dato prove antiche e recenti di sapere, occorrendo, perdonare anche ai principi.

Io tacqui nel lutto recente e quando saria stato intempestivo e indecoroso il turbare colla memoria dei falli il compianto dovuto a un transito lamentabile e virtuoso. Ma ora, scorsi due anni, parlerò imparzialmente, e niuno è piú autorizzato a farlo di me. Catturato, imprigionato, esiliato senza processo e ingiustamente, perseguitato nel mio stesso esilio dal re Carlo Alberto, io fui primo e solo in quei tempi a lodarlo e ad incorrere per amor suo nella taccia di adulatore: ricambiai le ingiurie col benefizio; esempio forse unico nella storia dei fuorusciti. Gli feci il maggior servigio che uoin privato possa ad un principe, additandogli la via dell’ammenda e della gloria; e il mio procedere fu netto di ogni mira personale, avendo rifiutati i doni offertimi e la facoltá di ripatriare. Venuto poscia in Italia quando le sorti di essa cominciarono a voltarsi in meglio, io lo stimai placato a mio riguardo. Ma i fatti non risposero alle parole; e due volte astretto di chiamarmi o tollerarmi al governo, due volte egli colse per allontanarmi la prima occasione e usolla poco sinceramente. Ciò nulla meno io difesi il suo nome mentre i municipali e i puritani a gara lo laceravano; spesi per ultimo l’aura popolare di cui godevo e arrischiai la vita a salvezza della sua corona. Non avendo adunque premuto l’orma delle sètte nel biasimo, niuno potrá incolparmi se non le imito nella lode; tanto piú che avendo notati severamente gli errori dei principi viventi, che equitá e imparzialitá mostrerei se tacessi quelli del re subalpino? Seguirò adunque l’esempio degli antichi, maestri impareggiabili di veracitá e di decoro, e in particolare quello di Tacito, illibatissimo degli storici; il quale encomia e riprende gli stessi uomini secondo le loro opere, e notata, verbigrazia,



  1. Vedi quello che il signor Gualterio dice del Berchet e del Giusti in questo proposito (Gli ultimi rivolgimenti ecc., parte ii, pp. 95, 99).