Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 1, 1911 - BEIC 1832099.djvu/43


libro primo - capitolo primo 37

esso non fu inutile e non atterrí i timidi né i potenti; il cardinale Giovanni Mastai gli fece buon viso, e salito alla prima sede cercò di colorirne le idee, tanto che io venni salutato dagl’italiani come precursore di Pio nono. Carlo Alberto lo lesse, lo gustò, si ricordò de’ suoi primi anni e disse piacergli che tali idee si propagassero; onde chiari e dotti ingegni poterono senza loro rischio ripeterle, svolgerle, diffonderle, divolgarizzarle. Cesare Balbo diede fuori in capo di un anno il suo libro delle Speranze1, e Massimo d’Azeglio espose con viva e franca pittura i disordini delle Romagne. Se io non avessi aperta la strada, niuno di loro probabilmente avrebbe pensato a scrivere di politica (ché, occupati in altri studi, non ne aveano fatto alcun segno), e anche volendolo, non avrebbe potuto né mandare attorno i suoi scritti, né predicare apertamente alcune veritá che io era stato costretto a coprire, senza esporsi al rischio delle persecuzioni e dell’esilio. E se la dottrina della nazionalitá italiana non fosse giá stata svolta scientificamente e segnata con precisione la via novella per cui si doveva entrare, essi non avrebbero potuto esporre con brevitá i canoni, adattarli alla capacitá dei lettori volgari, indirigerli al conseguimento dello scopo piú immediato e dichiarare piú per minuto alcuni punti, che atteso la copia delle materie io aveva solo toccato sommariamente. Ma nelle opere di questi valorosi non si trova un solo concetto integrale, speculativo o pratico, ideale o positivo, che io non lo avessi almeno accennato; cosicché i loro scritti furono, per cosí dire, l’analisi della mia sintesi2.

I princípi del Risorgimento italiano parvero maravigliosi. La penisola non ha memoria e il mondo ha pochi esempi di una gioia e di una concordia cosí vive, sincere, spontanee,

  1. La dedica del Primato ha per data il novembre del ’42; quella delle Speranze, il novembre del ’43; la mia opera uscí alla luce nel ’43, e quella del Balbo nell’anno seguente. «Le annotazioni fatte [dal Balbo] al Primato del Gioberti negli ozi campestri del suo diletto Rubatto giunsero a tal mole da formare materia di un libro, e furono appunto l’occasione ed il nucleo delle Speranze d’Italia» (Gualterio, Gli ultimi rivolgimenti italiani, Firenze, 1851, parte ii, p. 72).
  2. Vedi i Documenti e schiarimenti, i.