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dell'impero romano cap. i. 25

lorosa attività può sovente esser dono della natura: ma una diligenza così paziente non può esser frutto che dell’abito e della disciplina1.

Ogni volta che la tromba dava il segno della partenza, il campo era quasi in un istante disfatto; e le truppe correvano ai loro ordini senza tardanza o confusione. Oltre le loro armi, che i legionari appena consideravano come un imbarazzo, portavano ancora i loro utensili da cucina, gl’instrumenti di fortificazione, e la provvisione di molti giorni2. Sotto questo peso che opprimerebbe la delicatezza di un soldato moderno, erano avvezzati a fare di passo regolare quasi venti miglia in sei ore3. All’apparir del nemico gettavano il lor bagaglio, e con evoluzioni facili e rapide convertivano la colonna di marcia in ordine di battaglia4. I frombolieri e gli arcieri scaramucciavano alla fronte; gli ausiliari formavano la prima linea, ed erano secondati o sostenuti dal nerbo delle legioni. La cavalleria copriva i fianchi, e le macchine militari erano poste nella retroguardia.

Tali erano le arti della guerra, con le quali gl’Imperatori Romani difesero le loro vaste conquiste, e conservarono lo spirito militare in un tempo, in cui ogni

  1. Per la Castrametazione dei Romani ved. Polibio l. VI con Giusto Lipsio, De militia romana; Giuseppe De bello Judaico l. III c. 5 Vegezio 1, 21, 25, III 9 e le Memorie di Guichard tom. I c. 1.
  2. Cicerone Tuscul. II 17 Giuseppe De bello Judaico l. III 5, Frontino IV 1.
  3. Vegezio I 9. Ved. le Memorie dell’Accademia delle iscrizioni, tom. XX p. 187.
  4. Queste evoluzioni sono mirabilmente spiegate da M. Guichard nelle sue Nuove memorie, tom. I p. 141, 234.