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Libro primo 27


gentiluomo, pure, sono di pretesto a supposizioni o a dicerie malevoli, che potrebbero compromettere, se non lo hanno già compromesso, l’onore di lui.

ART. 34.

L’azione cavalleresca ha luogo tutte le volte in cui le spiegazioni chieste ed ottenute confermino la offesa (Corte d’onore di Firenze, 8 gennaio 1889, Angelini, cap. VIII, 2°).

ART. 35.

Negata l’offesa, decade nel supposto offeso ogni diritto a riparazione cavalleresca, semprechè l’offesa, per la natura sua, possa ammettere come valida la negata volontà di offendere, o la negativa di aver offeso (si veggano gli art. 1, 2, 3, 4).

Nota. — Si legga la nota all’art. 31. — Si tenga pure presente che vi sono offese per le quali non può essere in alcun modo ammessa «come riparazione» la negazione dell’offesa, o la negata volontà di offendere.

Se così non fosse, si cadrebbe facilmente nel paradosso.

Un Tizio p. es. dopo aver turbato la pace domestica di una famiglia, negando di aver voluto arrecare un’offesa, un’onta al marito, al fratello, o al padre, se la caverebbe a buon mercato anche nelle sue più indegne imprese.

ART. 36.

La negazione dell’offesa costituisce, in linea cavalleresca, la più ampia riparazione morale che possa pretendersi dall’offeso, quando sia provato che, invece, l’offesa vi fu. Però, la negativa non esonera dal risarcimento del danno.