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Libro terzo | 183 |
chiarare essere necessario un duello, stabilirà le armi, le condizioni, il luogo e l’ora dello scontro, delegando uno o più giudici a presenziarlo quando i testimoni non offrano garanzie di equanimità o di abilità nel condurre a termine uno scontro (C. d’On. p. Firenze, 6 maggio 1890).
Se quella delle parti avverse che ha avuto il torto, non volesse, senza giustificato motivo rimettersi al verdetto del giurì, i giudici redigeranno verbale, nel quale, narrando il tutto, riabiliteranno chi si ebbe la ragione e squalificheranno chi s’ebbe il torto.
Nota. — Così opina anche il Rosis p. 71. Eccezione alla regola è fatta nei casi in cui il verdetto è per sua natura nullo (art. 305 a), o evidentemente viziato nella forma o nella sostanza, sì da giustificare una revisione in grado di appello.
Il giurì, e nessuno dei suoi componenti in particolare, può entrare in discussioni o polemiche, e tanto meno accettare sfide da chi fu da loro giudicato o da persone direttamente o indirettamente coinvolte nella vertenza giudicata e per il giudizio emesso.
Chi offendesse comunque e per la cosa giudicata il giurì, o uno dei giudici, incorrerebbe senz’altro nella perdita delle prerogative cavalleresche.
Nota. — Così l’art. 15 del Reg. della C. d’O. Firenze, ripetutamente confermato nella pratica. Si ricorda inoltre il dovere del segreto nei giudici su tutto quanto si passò nel giurì, imposto per non dare luogo a commenti sul suo operato; anche a costo di sacrificare l’amor proprio pel