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Anche il vin lodo, che si nasce in Biblo, |
Cianciando del fenicio, come fosse |
(1) Questo poema di Archestrato è stato sotto varii nomi ricordato. Alcuni l’han chiamato Ἡδυπαθεία, che significa della voluttà; altri Δειπνολογία, o sia sulla cena; altri Ὀψοποιία, cioè a dire sull’apparecchio delle vivande; ma tutti questi titoli furono più presto per ischerzo dati al poema. Il vero nome, seconde Licofrone, era Γαστρολογία, discorso sul ventricolo. Ma Ateneo, e tutti gli altri per lo più lo citano sotto il nome di Γαστρονομία, o sia leggi della ventraja, e con questo, che è più comune, lo rapportiamo anche noi. (2) Il primo verso è quello stesso con cui Archestrato dà principio al suo poema giusta la testimonianza di Ateneo lib. I, cap. 4 pag. 5. Il secondo è stato supplito dal Casaubono, il quale ridusse in metro alcune parole, che riferisce Ateneo lib. 7, cap. 8, pag. 278, come ricavate dal principio del poema di Archestrato. Però è giusto che si sappia il primo verso essere d’Archestrato il secondo di Casaubono, ma composto probabilmente cole parole dello stesso Archestrato. (3) Il secondo frammento è rapportato da Ateneo lib. 1, cap. 4, p. 5. (4) Questi versi leggonsi presso Ateneo, lib. 3, cap. 28, pag. 112. Lungo sarebbe il riferire tutte le varie maniere di pane, ch’erano in uso presso |
i Greci. Si distinguevano non solo per la materia di cui eran fatti, ma ancora pel modo come eran cotta o nel forno, o nelle teglie, o sulle brage o nella cenere calda. Vi aveano focacce, che preparavano con olio e untumi o col miele, ed anche pani molli, in cui mettevano un poco il latte, di olio, o di altro grasso, o pure uno spruzzo di vino, e del pepe e del latte; nè mancavano de’ biscotti. Giungevano i Greci a cangiare più sorti di pane ne’ diversi serviti, affinchè meglio si eccitasse l’appetito. Archestrato cita solamente in questo frammento il pane d’orzo, quello d’orzo e di farro, l’altro di fior di farina, e fa menzione del pane agoreo degli Ateniesi, detto così perchè si vendea nella piazza, il quale era eccellente a’ suoi tempi; e in fine di un pane che non era cotto nel forno comune, ma in quello che noi si chiama forno di campagna. Pane sì bianco che l’eterea neve È simile questo detto d’Archestrato, come nota Casaubono, a quello di Varrone musas plautino sermone loquuturas fuisse si latino sermone loqui vellent. L’espressione Ἄβραις Δαλλων ὥραις, che alla lettera vuol dire fiorendo pe molli |