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CAPITOLO LVII.

ISERNIA.

.   .   .   .   .   .   e all'orror di notturni
Silenzi, s'intendea lungo ne' campi
Di falangi un tumulto, e un suon di tube,
E un incalzar di cavalli accorrenti,
Scalpitanti sugl'elmi ai moribondi,
E pianto ed inni, e delle Parche il canto.
(Foscolo).


I campi celebri di Maratona co’ loro tumulti notturni — che la fervida poetica immaginazione de’ pastori dell’Attica narrava anche in tempi remoti alla stupenda battaglia dell’indipendenza greca — quei superbi campi e quei fatti gloriosi ebbero la fortuna d’esser cantati da due dei più potenti genii poetici che abbia prodotto il mondo: Byron e Foscolo. — E perchè non troveranno i loro vati anche le forche caudine ed i campi di battaglia dell’indipendenza sannita?

Milziade pugnava, è vero, contro un esercito immenso, ma composto d’effeminati dementi e di schiavi condotti alla battaglia per forza. I Sanniti, invece, avevano contro di loro le formidabili legioni che finirono per passeggiare pa-