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Fascio Primo. 55

danno del Tronco medesimo frangevasi. Le disuguaglianze loro rendevano mostruosi i membri di qualche Imperio, nella guisa, che in un corpo all’hora nasce il mostro; quando un membro trascende in grandezza la proportione dovutali. Parevano però da più parti rinovati gli esempi di Cecina, e di Valente1 Ministri di Vitellio, ambo potenti, ambo emuli, ambo rapaci, ambo ruinosi2. Il comodo privato, il consiglio de’ Giovani, e l’odio nascosto fè perder l’Imperio Romano.

Chi si faceva arbitro di qualche Regno, additava, che nel Monarca non regnasse l’arbitrio. Il Ministro vegghiava sul Rè, mentre il Rè dormiva sul Ministro. Il Rè faceva lume al ministro, perchè studiasse la sua causa, e questi dava la mano al Rè, perchè scrivesse la sentenza.

Nel ponderar le gravezze, si motteggiò che assai meglio odorasse l’oro, tratto da Vespasiano dall’orina, di quello ch’estorse Nerone dalle lagrime de’ Vassalli. S’attestò, che alcun Ufficiale imitasse3 Temistocle, il quale volendo riscuoter denari in Andro, disse d’haver menati due Dei, la Forza, e la Persuasione: e poco valeva a’ Sudditi il rispondere d’haver due altre Dee, la Povertà, e l’Impossibilità. Almeno già che riscuotevansi doppiamente i tributi, havessero havuto arbitrio


  1. Tacit.
  2. Polib.
  3. Plut.