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inno terzo. 273

Ma quel divino, impedito dalle commissioni, non potè mai porvi mano, finchè scese nel sepolcro il 13 ottobre 1822.

Debbo aggiungere che il buon Missirini, pochi mesi prima di morire, mi avvisava per lettera come il prezioso modellino di cui è parola, dopo molte e vane ricerche era stato finalmente da lui acquistato; e m’invitava ad andare a vederlo nella sua privata pinacoteca. Ma mentre io indugiava, quell’anima onesta si partì dalla terra, ed io non vidi il modellino. — Mi giova sperare che non sarà andato sperduto.

Pag. 255. Nota quarta.

Francesco Saverio Fabre nacque il 1º aprile 1776 a Montpellier, e fu figlio di un pittore, cui di gran lunga era destinato a superare Si addestrò dapprima nel disegno sotto lo scultore Giovanni Coustou, ma ben presto trovò più opportuna guida all’intelletto in Luigi David, della cui scuola fu uno dei principali ornamenti. Conseguito il gran premio dell’Accademia di Parigi, tuttavia giovinetto si condusse a Roma, ove dimorò fino al 1793, anno in cui accadde la celebre uccisione di Ugo Basville. I politici sconvolgimenti di Francia fecero risolvere lui, fieramente avverso alle malvagità onde furono accompagnati, a rimanersi in Italia; e perciò dal Governo francese fu invitato ad aderire per iscritto a quel nuovo stato di cose: ma egli fece risposta tale, che, mentre lo chiariva caldo zelatore degli umani diritti, non lasciava più alcun dubbio sull’aborrimento che egli nutriva per quel licenzioso e violento regime che si chiamò Repubblica. Allora egli ebbe condanna di profugo; nè se ne querelò. Nel febbraio del rainmentato anno pose la sua dimora in Firenze, ove poi passò la maggior parte della vita. Intanto, conquistata l’Italia dalle armi francesi, il Fabre, già molto riputato nell’arte, fu incaricato di presedere alla scelta de’ più famosi quadri della Galleria de’ Pitti per inviarsi a Parigi, trofeo della vittoria; ma egli, sdegnoso del superbo spoglio, come di ogni altra ingiustizia, si mostrò anco in questo più tenero verso l’Italia che verso la Francia, poichè conservò alla prima il maggior numero che potè di quei monumenti gloriosi. In Firenze frequentando la conversazione della Contessa d’Albania, ivi conobbe il grande Alfieri, e più tardi anco il Foscolo, le sembianze dei quali con egregio magistero si compiacque di effigiare in tela al naturale. Il ritratto del primo si ammira nella Galleria degli Uffizj: quello del secondo fu spedito dal pittore ad Ugo in Inghilterra nel 1818, e sembra certo che sia quello stesso oggi posseduto dal Murray. E circa ad esso ritratto del Foscolo è notabile una circostanza narratami dal signor professore Emilio Santarelli