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considerazione xiii

Mirra


Verso 77. Quicum ego, dum virgo quondam fuit, omnibus expers
               unguentis, myrrhae millia multa bibi.

Erano propriamente unguenti tutti quelli artificiosamente composti di vari odori; onde Varrone (de l. l., lib. v) e Plinio (libro xiii, cap. 1) distinguono la mirra dagli unguenti, perché distillata da una sola pianta. Plauto, Mostell.

          Vin’unguenta? Quid opus est?
     Cum stacta accumbo:

Lo stacte era quintessenza di mirra (Bacio de conviviis antiq. lib. iii, 12). Poteva quindi Berenice, vergine regale, usare dell’olio schietto di mirra, astenendosi d’unguenti: Pallade non ama unguenti né alabastri; recatele oglio, o lavatrici (Callim., Lavacri di Pallad. citati a pag. 139). Però le fanciulle, le quali erano sotto la tutela di Diana e di Minerva, non dovevano servire a Venere che non potè domare col lusso e con gli scherzi amorosi le due vergini dive (Inno a Venere attribuito ad Omero, v. 7 e seg.)

Le unzioni degli eroi di Omero sono parimenti di oglio, e non di unguenti. Plinio nelle prime linee del lib. xiii: Quis primus invenerit (unguenta) non traditur: Iliacis temporibus non erant nec thure supplicabatur. So che tutti gli antiquarj e fra gli altri Pietro Servio nel suo trattato de odoribus, contrasta questo passo di Plinio: ma so altresì che la voce μύρον unguento, non si trova negli antichissimi greci, e primo ad usarne fu Archiloco che visse verso la x olimpiade: e so che Omero non ne parla pur una volta, né Virgilio in tutta l’Eneide, ove tratta de’ tempi iliaci. Parla bensì della mirra, come quella che