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Quintil. institut. lib. ii, 4). Donde poi vennero quegli epigrammi di Venere che disfida nuovamente Pallade, e due tra gli altri di Ausonio (il xli e xlii). E Cesare, per la boria di essere sangue d’Enea figlio di Venere, e perch’egli era veramente, come tutte le gentili anime, seguace della Dea, la portava nel suo sigillo sebbene tutta armata, come quegli che era altissimo capitano e più ch’altri fatto e dalla natura e dalla fortuna guerriero. Ma anche questa Armata è una discendente della Volgare. La qual distinzione di volgare e celeste si vede a’ tempi de’ Tolomei dall’epigramma xiii di Teocrito sopra il simolacro dedicato da una moglie pudica alla casa del marito e de’ figliuoli:
Ἡ Κύπρις οὐ πάνδημος. ἰλάσκεο τὴν θεὸν εἰπών
οὐρανίαν
Venere non è questa la volgare: propizia fa la Dea chiamandola Celeste.
Si può dunque desumere che questa Venere fosse la casta, di cui parla Callimaco, poiché ella è Dea delle matrone pudiche. Ma è ella la stessa Venere Arsinoe Zefiritide? Ho sospettato a pag. 114 che sì. Eccone le ragioni: 1° Arsinoe fu celebrata come pudica ed amorosa moglie, e fu si passionatamente amata da Filadelfo, ch’ei morì pel dolore di averla perduta. 2° Vediamo molti nomi e molti attributi dati alla stessa divinità, senza che i poeti ed i popoli si curino gran fatto di storie e di cronologie: Arsinoe essendo associata al culto di Venere poteva avere gli attributi della celeste. 3° Callimaco avendo per argomento l’amor coniugale di Berenice, e per fine l’apoteosi de’ suoi signori, e fondando in questo poema un culto per le spose pudiche, né potea, né dovea lasciare ad Arsinoe gli attributi della Venere volgare, negandole quelli della celeste.