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noi cit. a pag. 31), dimostrano abbastanza che non solo que’ principi affettavano divinità, ma che l’aveano nell’opinione de’ sudditi conseguita. Da questa considerazione nascono i seguenti corollari: 1° I Numi delle nazioni sono stati di mano in mano i principi, legislatori e sacerdoti. 2° I poeti furono i primi teologi, storici e giurisconsulti delle nazioni. 3° Ogni nuovo stato quantunque in fondo mantenga la religione del paese, deve nondimeno procacciarsi nuove divinità o almen nuovi riti. 4° A questo tendevano gli imperadori primi di Roma e i poeti; e senza Costantino le adulazioni di Orazio e Virgilio, il quale (egl. i, v. 42) chiama praesentes deos fino i cortigiani di Ottaviano Augusto, ci sarebbero giunte non solo come poesia, ma come teologia. 5° Per li lumi sparsi dalla filosofia e dalla storia sulla religione gentile, che, come tutte le umane cose, arrivava alla decrepitezza, non avendosi potuto ne’ popoli istillare la divinità degli imperadori, saggiamente Costantino abbracciò nuova religione, di cui nondimeno o non seppe o non potè interamente valersi.


considerazione x

Venere celeste.

Verso 56.  Et Veneris casto conlocat in gremio.

Il Conti crede che la Venere, nel cui grembo casto Zefiro posa le chiome sia la Venere planetaria; la quale, prescindendo dalle moderne nozioni, noi andremo considerando secondo le idee degli antichi. E’ s’è già veduto il pianeta di Venere essere stella di Giunone, d’Iside, di Diana, della madre degli Dei (considerazione iii, p. 168), e Plinio lo chiama (lib. i, cap. 8) ingens sidus appellatum Veneris, alterno meatu vagum ipsisque