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Naïdes, et sectos fratri imposuere capillos.

Saffo ci tramandò in un epigramma la pietà di parecchie donzelle che si recisero le care trecce per la morte di Timade, vergine loro compagna. Gli Amori piangono in Bione (Idil. i, v. 81) κειράμενοι χαίτας ἐπ’ Ἀδώνιδι, mozzi i crini per Adone: costume attestato da molte iscrizioni sepolcrali, ed inviolato dal tempo, poiché le donne greche dei miei giorni celebrano l’esequie a’ loro amanti recidendosi i capelli.

Né v’ha scrittore antico, che non ti parli sovente e passionatamente di chiome. Apollo e Bacco, bellissimi fra gli Dei sono cantati intonsi (Ovidio, metam. lib. iii, 421):

          Et dignos Bacco, dignos et Apolline crines.

Anzi Apollo in Apollonio Rodio (lib. ii, v. 709) andava sin da fanciullo fastoso delle sue trecce ricciute e rannodate. Giove accennando col capo i fati dell’universo empie tutto l’Olimpo dell’ambrosia de’ suoi capelli. Vedi anche Callimaco (Inno ad Apollo, v.38). Ottaviano Cesare dedicò nel tempio del padre la Venere di Apelle sorgente dal mare, che spremea l’onda dalle sue lunghe chiome: Ov. de art. iii, 224, imitato dal Poliz. cant. i, st. 101.

          Nuda Venus madidas exprimit imbre comas.

Di che vedi Plinio, lib. xxxv, cap. 10. Chi perdea la chioma, perdea la beltà.

               Infelix modo crinibus nitebas
               Phoebo pulchrior et sorore Phoebi!
               At nunc laevior aere vel rotando
               Horti tubere quod creavit unda,
               Ridentes fugis et times puellas,
               ut mortem citius venire credas
               scito iam capitis perisse partem.

Pari alla costernazione di questo garzonetto di Petronio dev’essere stata quella di Smerdia, amato da Policrate