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et altra risposta, nè altro acconcime fece mai più. Adunque bene è stolto et ingannato dal diavolo, colui che crede poter fare quello nella ’nfermità quando la natura gli vien meno e tutti e’ sentimenti l’abbandonano, al quale essendo sano e lieto, eziandio volendo con tutto ’l suo studio in molto tempo arebbe fadiga di farlo. Ciò1 di molti impacci e di molti intrigamenti, ne’ quali è inviluppato nel mondo, potesse istrigare et isbrattare. E però è di necessità che gl’intervenga, come dicono e’ santi, cioè che chi senza legge vive, senza legge perisca a le pene dello ’nferno; e chi amente 2 vive amente muoia, e non si ricordi di se medesimo. E però intende a’ fati de la salute dell’anima tua quando tu se’ sano e lieto, e non t’indugiare, però che ’l tempo non t’aspetta e verratti meno,

  1. Cioè
  2. Cosi il Cod. Singolare sembra questo vocabolo in uno scritto sì popolare. Dante in quel solenne scritto che è il Convivio l’usò una volta. Se si dovesse intendere per l’avverbiale a mente, sarebbe contrario al contesto. Su poche linee oltre l’amente abbiano i fati e l’intendere: forse in un accesso di erudizione, l’amente è saltato fuori come una reminiscenze latina. Perciò lo ritengo interpretandolo per ismemorato, negligente.