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dialogo sul primo ottocento | 171 |
una civiltà raggiunge il suo massimo splendore, non quando è arrivata a una perfetta maturazione, ma prima, mentre sta ancora facendosi, e cioè in un’epoca transitoria. Per questo nessuno si accorge, quando il cielo gli ha concesso un così dolce e raro privilegio, di vivere nei secoli grandi; ma tutti, aspettano sempre che il mondo s’arricchisca ancora e si disperano già di vederlo impoverito. Tragico destino veramente, che non ci fa godere della grandezza, perchè ogni momento gaudioso della storia non ci appare che come il vestibolo di un mondo più vasto, e luminoso, che si dissolve, quando stiamo per raggiungerlo, come un miraggio. Ma il nostro destino è tanto più tragico, se si pensasse che distruggiamo il nostro futuro, con le stesse forze con cui abbiamo costruito il presente.
Perchè non si sarebbe potuti arrivare a quella grandezza transitoria, se non con quegli stessi elementi, che, ingrandendosi, si sono contraddetti e distrutti. La fine e non la gloria della letteratura italiana è già contenuta negli endecasillabi di Leopardi e nella prosa di Manzoni. E le rotaie che riuniscono Napoli a Torre Annunziata non promettono già una grande aurora italiana, ma appunto perchè li illumina ancora la tua speranza, annunziano il crepuscolo della nostra civiltà, i giorni tristi in cui tutta l’Italia sarà rigata da codesti canaluzzi immobili e diacci, e nessuno sarà contento di vivere! Noi siamo in uno dei momenti più dolci della storia,