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«che egli ha per obbietto, e di tante similitudini si empie, quante sono le cose che gli sono contrapposte» 7.
Ho citato, per non stare a ripetermi, due soli dei passi in cui Leonardo scrive che il pittore deve imitare le cose; ma il Trattato, quasi sempre incidentalmente, sarebbe stato più largo di esempi. Questi brani, per quanto siano più rari che quelli in cui si dice il contrario, e appariscano, sul foglio, come dimenticati distrattamente e non pesati, acquistano una certa solennità, perchè si trovano in un immediato predecessore di Leonardo: Leon Battista Alberti.
Lionello Venturi ha già messo in rilievo come il Trattato della pittura di Leon Battista Alberti e quello di Leonardo si rassomiglino. In questo caso non ci importerà gran che sapere, come anche l’Alberti avesse posto i fondamenti della pittura (tipico bisogno di non logica deduttiva, che in Leonardo è poi contraddetto da improvvisi splendori dell’immaginazione) nel punto, nella linea e nella superficie; come anche l’Alberti avesse concepito quelle stesse piramidi visive, mezzane tra l’occhio e il mondo; come esigesse dal pittore «l’universalità», e cioè la rappresentazione non solo dell’uomo, ma delle cose e dei paesi;