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ha un valore quasi direi pedagogico, per ficcar in testa il concetto con più forza a chi ascolta. Questo però ci rivela il senso che Dante aveva dei limiti e delle risorse della lingua.
Quando si possiede questa coscienza in una lingua si possiede in tutte.
Non è vero che chi ha il senso integrale dell’italiano debba italianizzare tutte le lingue in cui scrive. Si troverà a italianizzare anche le altre lingue, quello che imbarbarisce l’italiano. Infatti c’è in Dante un senso intelligente delle possibilità del latino. Basta leggere questo passo in latino e in italiano per vedere la differenza. In italiano è orribile: in latino se non bello sopportabile. Bisognerebbe trovare lo stesso concetto nelle due lingue.
Tutti sanno che è dopo lunga meditazione e per sistema, non per istinto, che Dante scrisse in volgare:
1) Perchè ciascuno di noi conosce meglio la lingua che parla che non quella che ha appreso:
«Quegli che conosca alcuna cosa in genere, non conosce quella perfettamente; siccome chi conosce da lungi uno animale, non conosce quello perfettamente, perchè non sa s’è cane o lupo o becco.»
(Convito, Trattato I, cap. VI)
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