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senso, si rifiuta di sentire tutto quello che non è sulla sua linea.

Nella Divina Commedia, Dante è talmente padrone del lettore, che non gli permette più neanche un briciolo di libertà. Ma quando, per piccoli accenni, circonda questi diavoli di un alone di possibilità misteriose, noi ci troviamo dinnanzi a personaggi ricchi insieme della definitezza di una posa scultorea, e del mistero di una vita sconosciuta.

Qui Dante ottiene l’effetto più alto, e mi fa pensare a quello che, senza volerlo, ha ottenuto Proust, dipingendo quei mondani, che hanno una vita concreta soltanto quando parlano nei salotti, e che appena usciti da quell’atmosfera di luminoso artificio si sciolgono in nebbia.

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