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DI FRANCESCO REDI. | 95 |
di quegli animaletti, il quale, di tutte unite insieme e strettamente rinvolte in un lavoro della sua tela, ne avea formata una piccola pallottola, ed intorno a quella pallottola avea poscia fabbricato un grande e bianco bozzolo, nel di cui mezzo l’avea situata pendente. Mentre che e’ tesseva quel bozzolo, ebbi occasione di vedere che non si cavava lo stame fuor della bocca, ma bensì fuor del fondo del ventre, ed in ciò trovai verissima l’osservazione fatta da Eliano e dal Moufeto. Plinio scrisse che nell’utero o matrice si conserva la materia di quello stame: Orditur telas, tantique operis materiae uterus ipsius sufficit. Ma il Moufeto, addottrinato dal Bruero, avendo considerato che i maschi, che pur non hanno matrice, fanno le tele al pari delle femmine, non approva il parere di Plinio e l’accusa d’errore; a torto però, e senza ragione: imperocchè la voce uterus, della quale quel grandissimo scrittore in quest’occasione si serve, è usata dagli autori latini non solamente in significato di matrice, ma ancora di ventre per testimonianza d’Isidoro, II, I, che disse: Uterum solae mulieres habent etc., auctores tamen uterum pro utriusque sexus ventre ponunt, e molti esempli se ne trovano in Virgilio, ma particolarmente nel settimo dell’Eneide dove, parlando d’un cervio maschio, che fu ferito da Ascanio.