Ch’essa l’arcano per disteso aprigli,
Come a lui di vittoria e alto rinomo
Fora l’unirsi con costor. Chè in guerra
Lunga, affannosa cimentâr le sorti
In dure mischie petto a petto i divi
Titani, e tutta la Saturnia prole,
Dall’Otri eccelsa i nobili Titani,
Dall’Olimpo gli Dei dator di beni,
Figli di Crono e Bea leggiadra il crine.
Già senza tregua in travagliosa lotta
Dieci anni e più duravano feroci,
E dell’aspra contesa ancor lontana
Era la fine, e la vittoria incerta.
Ma dacchè s’apprestò quant’era acconcio
Agli allëati, e il nettare e l’ambrosia,
Dapi solo da numi, a lor si porse,
Crebbe in lor petto il generoso core,18
Dell’ambrosia vivanda e del soave
Nettare invigoriti, il sommo padre
D’uomini e Divi lor favella e dice
«Della Terra e d’Urano illustri figli,
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