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     Ratta ed avvolta dalla notte bruna
     In Litto andonne, e dentro aspra spelonca,
     Nelle latèbre dell’Egea montagna,
     Cupa e selvosa, il suo figliuolo ascose.
     Mandò poscia un gran sasso in fasce avvolto
     All’Uranide, primo re dei numi,
     Che in atto fero il prese e l’ingozzò.
     Nè sentì ch’era sasso, e che il suo figlio
     Lungi e sicuro gli apprestava guerra,
     Che forte in armi gli torria lo scettro,
     E il re saria dei numi. E tosto al prence
     Crebbero il senno e le robuste membra.
     E col volger dei tempi, il cauto, il magno
     Crono fu stretto dal sagace inganno
     Della Terra, e dall’arti e armi del figlio
     A metter fuori l’ingoiata prole.
     E pria quel sasso che ingollato avea
     Mandò fuor della strozza, e Giove il fisse
     Sull’ampio suol nella divina Pito,
     Del Parnasso alle falde, affinchè fosse
     Monumento ai mortali e maraviglia13

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