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76 | capitolo ii |
e degli altri pianeti, salvo che la terra si riferisce solo al caso di più satelliti; in ispecie le prime due leggi valgono anche pel moto della luna intorno alla terra.
Il primo passo dell’analisi di Newton consiste semplicemente nel surrogare al concetto kepleriano di un sistema di orbite ellittiche, con un dato fuoco, il concetto di un centro attrattivo intorno a cui si muovono i pianeti (o i satelliti di un pianeta) riguardati come punti. E l’idea è evidentemente suggerita da una grandiosa associazione, per cui il pensiero ricorre ai casi studiati da Huighens, dove il moto di un punto, che gira in un’orbita chiusa, importa una forza attrattiva centripeta rivolta verso l’interno, che compensi la forza centrifuga. Nel caso di un punto, legato con un filo ad un centro, il quale descriva un cerchio con velocità uniforme, la forza attrattiva (misurata dalla tensione del filo) è anzi rivolta verso il centro suddetto, e la sua misura è inversamente proporzionale al quadrato del raggio.
Ora questo è un esempio particolare in cui trovansi soddisfatte le prime due leggi di Keplero. Una deduzione ben nota conduce (con Huighens) ad estendere la conclusione al caso generale: un punto che si muova attorno ad un centro, in un’orbita chiusa, per modo da soddisfare alla seconda legge kepleriana, ha un’accelerazione rivolta verso quel centro; e se l’orbita è un ellisse ed il centro di rotazione è un fuoco, l’accelerazione risulta inversamente proporzionale al quadrato del raggio vettore.
Il movimento si può quindi spiegare ammettendo una forza attrattiva, inversamente proporzionale al quadrato della distanza, che emani dal centro e si aggiunga ad un dato impulso iniziale ricevuto in un certo istante dal mobile in guisa da soddisfare ad una certa diseguaglianza.
Si è guadagnato intanto questo, di spezzare l’ipotesi kepleriana in due altre: forza attrattiva, ed impulso iniziale soddisfacente ad una certa diseguaglianza. Lasciamo cadere quest’ultima condizione; avremo allora possibili movimenti in orbite iperboliche e paraboliche, che rientrano nel concetto newtoniano, e si presentano come una diretta generalizzazione dei moti dei pianeti intorno al sole. I movimenti in orbite quasi paraboliche (e forse anche iperboliche) trovansi approssimativamente realizzati dalle comete. Ed alle comete si sono recentemente riavvicinate le stelle filanti (Schiapparelli).
Prescindiamo da questa estensione, supponendo che le due leggi kepleriane sieno enunciate con una generalità un po’ maggiore dell’ordinario; ed aggiungiamo la terza legge, che porta l’attrazione esercitata dal sole sui pianeti, e così da Giove sui satelliti, proporzionale alle masse attratte. Si può dire con ciò che i concetti, mediante i quali si traducono i fatti nelle teorie di Newton e di Keplero, sieno equivalenti?
Certo, se si arresta lo sviluppo della teoria newtoniana alla trasformazione logica delle ipotesi kepleriane, l’equivalenza deve essere perfetta. Nulla