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268 capitolo vi

essere reso possibile allargando le associazioni stesse, cioè facendo corrispondere ai dati fenomenici altri dati quantitativi che nella realtà vi si colleghino.

Tuttavia la rappresentazione quantitativa così ottenuta rimane una convenzione arbitraria, fino a che non si determini un gruppo di associazioni notevoli, rispetto a cui la convenzione stessa abbia carattere invariante.

L’ipotesi metafisica esprime la fiducia generica di poter riconoscere simili invarianze (misure naturali o assolute), e ne promuove la ricerca tostochè si concreti in un appropriato sistema di immagini.

Ma vi è di più. L’ipotesi suddetta abilita a considerare i rapporti fenomenici cui si collegano le nostre aspettazioni, come esprimibili mediante rapporti quantitativi fra le misure (naturali) di certi dati; e le immagini adottate soccorrono a questa traduzione analitica della realtà fisica, sia guidandoci a riconoscere i nominati rapporti, sia agevolando la loro interpretazione. In ciò sta il valore dell’ipotesi metafisica relativamente al progresso della Scienza.


A dir vero abbiamo interpretato in tal modo la Metafisica della quantità, rilevandone il contenuto positivo. Codesta Metafisica ha di più la pretesa che le immagini corrispondano ad una realtà inaccessibile ed universale.

Essa ammette dunque anzitutto che le sue ipotesi abbiano valore di fatti, cioè implichino sensazioni possibili per un osservatore dotato di sensi abbastanza sottili: in secondo luogo che esse possano ricevere una espressione concreta atta a render conto di tutti i rapporti possibili fra gli ordini più varii di fenomeni.

La prima pretesa, a chi volesse prenderla in un senso positivo, limiterebbe enormemente la costruzione delle immagini; un esame comparato di quelle effettivamente costruite, mostra subito che codesti limiti non vengono punto rispettati; che le ipotesi suddette più che ingrandire snaturano le immaginarie sensazioni; che ragionando su di esse si è costretti ad inibire una serie di conseguenze contraddittorie, cui non si saprebbe sfuggire ove si attribuisse loro un contenuto di fatto (cfr. cap. I).

Ritenuto dunque che l’ipotesi metafisica rappresenti in ogni sua espressione concreta un modello, proprio a figurare un certo ordine di fenomeni reali, resta a vedere se sia concepibile che si raggiunga un modello unico, adeguato alla realtà universale.

L’assurdità di questa pretesa si rende manifesta a chi consideri i modelli parziali come resultato di associazioni ed astrazioni, giacchè un modello universale implicherebbe una estensione trascendente di tale processo psicologico.

Discendendo all’esame dei particolari vedremo ancor meglio come la costruzione di un modello stia sempre a rappresentare un parallelismo stabilito fra due serie fenomeniche, ed abbia quindi necessariamente un valore di riduzione relativo e limitato, in quanto nessuna serie può essere presa come assolutamente isolata da tutte le altre.