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Parte II. Cap. VI. 557

pertulit mala pro bonis?a Per qual cagione si tiene per cosa aspra, e dura, che un’huomo sia flagellato da Dio per i mali, se Dio hà patito tanti gran mali da gl’huomini per i buoni?

Tra tanto noi siamo ancora del medesimo parere, e perseveriamo con la nostra testa dura, e ancor ci scappano di bocca quelle sciocche parole: Costui m’è un trave ne gl’occhi, m’è tanto fiele nello stomaco; Purche io mi potesse levar dinanzi costui: purche io mi potessi lavar le scarpe nel suo sangue; ò quanto pagarei questa tinta; non c’è verso, che io possa pigliar riposo, mentre stò con questo stecco negl’occhi, e mi vedo avanti costui. O che parole empie, e degne d’esser sepellite di nuovo nell’inferno, donde sono uscite? Così attribuimo scioccamente l’inquiteudine dell’animo nostro a i nostri nemici: Errore