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mostrò il Fedjkovitsh nelle sue poesie (3 vol. 1861-1870) e in alcune novelle della vita degli abitanti dei monti Carpazii, stampate nel Pravda (1867). Fedjkovitsh, simile allo Scevcenko uscì di famiglia contadinesca in Bukovina, servì come soldato, — egli venne pure col suo reggimento in Italia, — ed è un uomo, «che si fece da se stesso,» ed essendo totalmente autodidatto, rialzossi ad una mirabile altezza e nobiltà d’idee. Ne’ suoi migliori versi e canti egli dipinge la vita di un soldato e guerriero, deplora le ingiustizie della vita politica e sociale, dà quadri brillanti della sua bella patria ec. Ma per disgrazia anche Fedjkovitsh non poté mettersi risolutamente sulla via del vero realismo nella riproduzione della vita sociale, mentre le sue novelle facevano aspettare molto. Negli ultimi anni egli ripete sè stesso, imita noiosamente il Scevcenko, imita non solamente il buono, ma anche quella sua declamazione profusa, quella sua fraseologia mezzo mistica, o scrive drammi senza nessun senso reale (Dobush, il bandito di Bukovina nel secolo XVIII) o parafrasi di commedie straniere, come la sua buffonata sul tema dell’Abbandono dell’ostinata di Shakespeare (Pravda, 1872) dove lo scrittore ruteno ha esagerato il rozzo umorismo del XVI secolo, oltre tutti i limiti del vero. Ultimamente però Fedjkovitsh ha preparato la traduzione del Macbet, e, per commissione della società «Prosvita,» della quale parleremo fra poco, lavora all’edizione di libri per la lettura popolare1.

  1. Non possiamo finir la bibliografia della poesia e novella rutena in Gallizia senza menzionare le novelle, che un certo Sacher-Masoch ha pubblicato in tedesco e che la Revue des deux Mondes stampa ora in francese con zelo, degno d’un migliore scopo, sotto il titolo Récits de la Gallicie o Récits de la petite Russie (Don Juan de Colomea, Dmitri Balaban, Marcella). La onorevole direzione della grande rivista francese è stata mistificata e mistifica, senza volerlo, i suoi lettori dei due emisferi, racomandando il Sacher Masoch come «uno scrittore-realista piccolo-russo.» In nome del pubblico russo possiamo avvertire l’onorevole rivista, chè nè tali bojari come Don Juan de Colomea, nè conti, che insegnano alle fanciulle rustiche i canti del Kolzof, le Anime Morte, Onèghine, e traducono per loro il Faust nel dialetto dei contadini piccolo-russi, come fa il conte Komarof non esistono punto in Gallizia, dove tutti i nobili e conti sono polacchi, contadini romantici come Dmitri Balaban e scene prive di senso come quelle che passano fra il conte Komarof Marcella (principalmente a pag. 120, 133) sono impossibili ne’ due emisferi del mondo, e non solamente in Gallizia, e che la filosofia del Sacher Masoch, — la quale, secondo la Revue des