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1461 Janalis | Janus 1462 |
da gran tempo, Cic. ed a. b) dal futuro, ora, d’ora innanzi, d’ora in poi, ormai, oramai, oggimai, nulla mihi res posthac potest jam intervenire tanta, Ter.: jam concedo, non esse miseros, qui mortui sunt, Cic.: jam (ora, adesso, omai) tempus agi res, Verg. Così con negazioni, non jam o jam non == non più, Cic., ovv. == non ancora, Cic.: jam nemo, nessuno più, Cic.
C) ad indicare che una cosa inaspettata appare presto, ovv. giunge inaspettata da lungo tempo, ovv. appare aspettata e prorogata lungo tempo, a) inaspettata == già, ormai, jam advesperascit, Ter.: jam scio, quid vis dicere, Ter.: omnes jam istius generis legationes erant constitutae, Cic.: labores aut jam exhaustos aut mox exhauriendos, Liv.: non jam, non già, Nep. b) a lungo aspettata e prorogata == ora, finalmente, jam sero diei, omai a tardo giorno, Tac.: ohe, jam (or finalmente) desine deos, uxor, gratulando obtundere, Ter.: unito con altre particelle temporali, jam nunc, jam tum, jam ante, Cic.: jam olim, Ter. e Verg.: jam aliquando, Cic.: jam a prima adulescentia, Cic.: jam inde ab adulescentia, Ter.: jam ab illo tempore, cum etc., Cic.
II) in altre relazioni: A) ad indicare che sotto date circostanze q.c. avviene liberamente, subito, prontamente == poi certamente, quindi certamente, così senz’altro, accede ad ignem hunc, jam calesces plus satis, Ter.: da mihi hoc, jam tibi maximam partem defensionis praecideris, Cic. Quindi a) in prop. temporali, causali e ipotetiche per indicare la prop. dipendente come conseguenza diretta della principale == e certamente, e quindi, e allora, e tosto (certo), id tu jam intelleges, cum in Galliam veneris, Cic.: si jubeat eo dirigi, jam in portu fore classem, Liv. b) a rannodare ed a introdurre ciò che si connette come immediata conseguenza con quanto precede o è detto prima == ora, or dunque, quae cum ita sint, jam praedico, eum etc., Liv.: e così jam porro, jam denique, Cic.: et jam, Cic.: spesso coll’idea accessoria di rinforzamento == anzi, inoltre, persino, jam illa, quae natura, non litteris assecuti sunt, neque cum Graecia neque ulla cum gente sunt conferenda, Cic.: così partic. jam vero, Cic.: et jam, e anzi, che anzi, ecc., Cic.
B) Per passare a q.c. di nuovo e nelle enumerazioni == del resto, inoltre, di più, testudines autem etc.... Jam gallinae avesque reliquae etc., Cic.: et aures...: itemque nares...: jam gustatus...: tactus autem, Cic.: quindi jam ...jam == ora... ora, Hor., Vell. ed a.
C) determinativo, o per limitare l’idea in sè == appunto, precisamente, proprio, ovvero per rinforzare == affatto, pienamente, a) con pronomi: jam hoc quoque iniquissime comparatum est, Cic.: jam illud non sunt admonendi, Cic. b) con agg.: non scire quidem barbarum jam videtur, Cic.: partic. con compar. == ancora, quid est, quod jam amplius exspectes? Cic.: hic jam plura non dicam, Cic. c) con numerali == appunto, già, sunt duo menses jam, Cic. d) con particelle: non jam, proprio non, non già, Cic.: ut jam == che appunto, ovv. == quando ancora, se omai, se realmente, se in realtà, ovv. == come anche, Cic.: si jam, se appunto, se ora, Cic.: nunc jam, ora appunto, e == ancora adesso, Cic.: tum jam, allora appunto, Cic.: jam ut col cong., dato che realmente ovv. del tutto (di un caso straordinario), Caes. ed a.
Jānālis, e, V. Janus.
Jānĭcŭlum, i, n. e mons ovv. collis Jānĭcŭlus (da Janus), Gianicolo, uno dei sette colli di Roma, al di là del Tevere, sul quale, nei più antichi tempi, secondo la leggenda, sorse una rocca fabbricata da Giano.
Jānĭgĕna,, ae, c. (Janus e gigno), figlio di Giano, Ov. met. 14, 381.
jānĭtŏr, ōris, m. (janua), portinaio, Cic. ed a.: di Giano come portinaio del cielo, caelestis aulae, Ov.: di Cerbero come portinaio del mondo sotterraneo, Verg.
jānŭa, ae, f., I) porta, partic., porta di casa, claustra januae, Val. Max.: janua carceris, Vell.: janua patens (contr. janua clausa), Liv.: januam aperire, Ov.: contr. januam claudere, Cic.: januam reserare, Ov.: cunctis janua nostra patet, Tibull.: quaerere alqm a janua, domandar di qualc. stando sulla porta, Cic. II) trasl., porta, ingresso, entrata, Ditis, Verg.: sepulcri ovv. leti, Ov.: maris gemini, del Bosforo, Ov.: fig., janua ingredi in causam, Cic.: janua animi frons est, Cic.: adeo illa actio mihi aures hominum, illa januam famae patefecit, Plin. ep.
Jānŭārĭus, V. Janus alla fine.
Jānus, i, m. (da Ζάν == Ζεύς come Juppiter da Ζεύς πατήρ) I) Giano, antica divinità italica, che, come dio solare, indicava il corso dell’anno. La sua immagine presenta due faccie insieme (quindi Janus bifrons), antichissimo simbolo del sole e della luna, quello barbuto, questa imberbe, fino a che, perduta la coscienza del simbolo, le due faccie si fecero entrambe barbute. Lo si diceva re del Lazio, costruttore della rocca del Gianicolo. A lui era sacro il mese di gennaio, quindi Jani mensis, mese di Gennaio, Ov. fast. 2, 48. Come il principio dell’anno e del giorno, così gli era sacro ogni principio in genere, quindi i solenni sacrifizi cominciavano da lui. Egli aveva l’epiteto di pater (come Ζεύς πατήρ). Aveva un piccolo tempio con due porte, l’una di fronte all’altra, che in tempo di pace erano chiuse, in tempo di guerra aperte, e consisteva semplic. im un corridoio con porte. II) appell., 1) passaggio coperto, precis. a) passaggio laterale della porta Carmentalis, dextro Jano portae, Liv. 2, 49, 8. b) passaggio coperto da una strada ad un’altra, Suet. Dom. 13: ma partic. quella specie di passaggi che si aprivano attraverso i portici che correvano attorno al foro e le tabernae, di cui tre per eccellenza, Janus summus e imus (Hor. ep. 1, 1, 54) e Janus medius, sotto i quale o nelle cui vicinanze stavano i mercanti, banchieri e librai, V. Cic. de off. 2, 87; Phil. 6, 15. Ov. rem. 561. 2) poet. == mese di Gennaio, Ov. fast. 2, 1. — Deriv.: A) Jānālis, e, tenuto da Giano, di Giano, virga, Ov. fast. 6, 165.