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anarchisti, ai cervelli sventati. Quelle sinistre previsioni parvero delitto: coloro s’inviperirono contro di me, e mi gettarono in carcere. Sapete voi, tra le altre, quale accusa mi affibbiavano? Quella di esser francese, cioè a dire, parteggiatore dell’intervento francese. Gli uomini sono veramente trastullo del destino; ne sono io qui la prova. — Il Tribunale, con sentenza per me onorevole, mi rimandò assolto.

Da quell’istante, cioè dalla guerra di Lombardia, si maturavano in mano della Provvidenza gli eventi di Roma. Generali piemontesi venivano imposti al papa; e parlavano in nome di Sua Santità, senz’averne il consenso. Si tramava di rapirgli Bologna. Pio IX, fatto accorto che col pretesto dell’indipendenza si mirava a spogliarlo, si rivoltò contro il pretesto medesimo, e scagliò l’enciclica contro la guerra italiana, divenuta ormai piemontese. — Era l’aprile del 1848; ed a quei tempi il popolo di Roma nulla aveva fatto, che meritasse quel fulmine. Ma il papa a costo dalla sua popolarità, si poneva in guardia contro Carlo Alberto. Era dunque ragione che Pio IX volesse un ministro non piemontese; e lo scelse in Rossi.

Vuolsi ora sapere d’onde venisse il colpo che spense il Rossi? Nulla più facile.

Rossi era uomo di studii e d’esperienza. Egli intendeva la questione italiana meglio assai de’ suoi avversari. Egli vedeva che il Piemonte era insufficiente alla vittoria nazionale, e stampava sulla Gazzetta officiale articoli che io, repubblicano, avrei potuto senza scrupolo firmare. Egli metteva tanto in chiaro i torti del Piemonte, che questo non potè sopportarlo. Si deliberò di farlo odiare.

Additandolo come uomo antinazionale, l’intento