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tr’egli si studia di estirparne la superstizione, sorgente infausta di errori, di pregiudizi e d’ignavia, altri intanto vi propaghi qualche cosa di più sconcio ancora, che è il cinismo e la brutalità; mentre egli vagheggia di educare un popolo laborioso, onesto, con libera e colta intelligenza, con cuore ardente di fede illuminata, altri appresti al futuro una generazione scettica, brutale, miserabile.»
Bisogna pur confessare la grande nostra povertà. Gli editori sono facili assai ad intitolare al popolo le loro edizioni. Ma quali cibi ammaniscono essi al povero nostro popolo? Non parliamo di questo, chè ne verrebbero fuori cose poco cortesi per la maggior parte di loro; diciamo piuttosto che in questo genere di produzioni tutto è ancora a farsi in Italia. E finchè ciò non siasi fatto, non si può avere ricorso al 3° rimedio proposto dal Sacchi, il quale consiste nello istituire Biblioteche vuoi permanenti vuoi circolanti per uso del popolo, le quali contengano libri secondo i suoi bisogni. Giacchè, siccome è impossibile il fabbricare una casa senza avere prima raccolti in buona parte i materiali di essa; così panni non si possa metter su una Biblioteca popolare senza libri popolari. Ai materiali dell’edilizio pensiamo adunque in prima.
Il conte Giacomo Leopardi, commentando i Memorabili di Filippo Ottonieri, molto lo loda perchè non frequentasse come Socrate le botteghe de’ calzolai, de’ legnaiuoli, dei fabbri e degli altri simili; «perchè stimava che se i fabbri e i legnaiuoli di Atene avevano tempo da spendere in filosofare, quelli di Nublana, se avessero fatto altrettanto, sarebbero morti di fame.» Altri invece han fede che anche pel povero artigiano vi sia una filosofia pratica, la quale al postutto si traduce in senno politico, in prudenza economica, in concordia fraterna, in amore di famiglia, in sobrietà di costumi e simili cose, per la quale filosofia basta