Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
(17) |
nè sarà stato indarno ad esse l’aver sentito cantare da uno de’ più potenti e perciò più sventurati ingegni italiani:
O verginette, a voi
Chi de’ perigli è schivo e quei che indegno
È della patria e che sue brame e suoi
Volgari affetti in basso loco pose,
Odio mova e disdegno.
E per conseguente a que’ giovani che si faran loro dinanzi col solo ed unico pregio d’un titolo, o d’un patrimonio, o de’ più voluttuosi profumi, o di un arsenale di ciondoli all’oriuolo, e anche delle più acute e lucide unghie, sorrideranno, cred’io, di compassione; e glorierannosi invece di porgere la mano a quelli che il nome e la ricchezza bene usino ad onore della città e della patria o che a giovare il paese con gli scritti, coi consigli e con le opere si saranno educati a forti e nobili studi o addestrati a trattare cavallo e spada, e certamente a più nobile prova che non sono le vane mostre o i combattimenti da barbari. E poichè, non ha molto, mi venne per avventura all’orecchio che una savia e gentile donzella, educata in questo collegio, è vicina a giurare la sua fede di sposa a un prode cavaliero che su le pianure lombarde colse di gloriose ferite, io le