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I.

LA VITA.


Il Pellico nacque il 24 giugno del 1789 a Saluzzo, da una modesta famiglia (suo padre era droghiere) di origine provenzale. Passò parte dalla sua giovinezza a Lione, presso sua sorella Rosina che s’era là sposata con un cugino. Tornato a Milano, in famiglia, insegnò per qualche tempo il francese nelle scuole dell’Orfanotrofio militare. Caduto il Regno Italico il padre del Pellico tornò a Torino; ma il Pellico, perso l’ufficio, restò in Milano come precettore prima in casa Briche e nel 1816 in casa del conte Luigi Porro Lambertenghi. A Milano Silvio Pellico aveva conosciuto e si era stretto di amicizia fraterna col Foscolo che gli fu consigliere e istigatore nelle prime prove letterarie.

Le sale del conte Porro accoglievano seralmente i poeti, gli scienziati, gli artisti che vivevano in Milano o che passavano per Milano. Si parlava liberamente d’Italia, si congiurava contro l’Austria, si pensava a fondare un giornale ispirato a caldi sensi. C’era insomma un’aura di patriottismo sinceramente e fortemente sentito. Là convenivano Ugo Foscolo, Ermes Visconti, il Borsieri, Giandomenico Romagnosi, Melchiorre Gioia, il Volta, il conte Giovanni Arrivabene, Federigo Confalonieri, Alessandro Manzoni, ed altri molti, tutti d’una fede.

Le sue prime tragedie ebbero l’approvazione e il consenso entusiastico del Foscolo; ma quando il Pellico scrisse la Francesca da Rimini, il lavoro da cui doveva cominciare veramente la sua fama, il Foscolo glie la restituì subito gridando: — Gettala al fuoco, gettala al fuoco! — Quando il Foscolo, nell’aprile del 1815, lasciava precipitosamente