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COSIMA, QUASI GRAZIA

Nel 1931 Pietro Pancrazi, avendo sentito dire che Grazia Deledda stava scrivendo delle Memorie autobiografiche, si affrettò a chiedergliele per la rivista fiorentina Pègaso che egli allora redigeva. S’ebbe in risposta dalla Deledda che stava, sì, pensando da qualche tempo a qualche cosa di simile, ma che per altro non aveva ancora deciso se avrebbe trattato una materia per lei tanto scottante nel modo diretto oppure figurandola nel piano della narrazione oggettiva.

Probabilmente tale perplessità dovette durare ancora in lei qualche tempo: e fra tanto attese ad altri lavori, nei quali, come sempre aveva fatto, dosò quel tanto di autobiografico che conveniva al loro assunto. Anche l’ultimo romanzo, La chiesa della solitudine, s’apre col ricordo di una situazione crudamente vissuta: la operazione chirurgica subita al petto da Maria Concezione. L’informazione, in proposito, degli intimi e dei famigliari della Scrittrice poco soccorre, essendosi la Deledda aperta cogli altri assai raramente, e meno che mai gli ultimi tempi, sulla natura delle opere che veniva via via preparando. Nell’autunno del 1934 ebbe una pleurite che portò con sé una lunga convalescenza. Né si sa se a quell’epoca ella avesse già