Bella fu dunque, e generosa, e santa
La fiamma, che t’accese, Ugo, e gli estremi 330Dell’uom soggiorni a vendicar ti mosse.
Perchè talor con la Febéa favella
Sì ti nascondi, ch’io ti cerco indarno?
È vero, ch’indi a poco innanzi agli occhi
Più lucente mi torni, e mi consoli. 330Così quel fiume, che dal puro laco,
Onde lieta è Ginevra, esce cilestro,
Poscia che alquanto viaggiò, sotto aspri
Sassi enormi si cela, e su la sponda
Dolente lascia il pellegrin, che il passo 340Movea con lui: ma dopo via non molta
Sbucare il vede dalla terra, il vede
Fecondar con le chiare onde sonanti
Di nuovo i campi, e rallegrar le selve.
Perchè tra l’ombre della vecchia etade 345Stendi lungi da noi voli sì lunghi?
Chi d’Ettòr non cantò? Venero anch’io Ilio raso due volte, e due risorto,
L’erba ov’era Micene, e i sassi ov’Argo.
Ma non potrò da men lontani oggetti 350Trar fuori ancor poetiche scintille?
Schiudi al mio detto il core: antica l’arte,
Onde vibri il tuo stral, ma non antico
Sia l’oggetto, in cui miri; e al suo poeta,