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nell’Esposizione di Parigi 35

L’oreficeria italiana è stata rappresentata in tutte le sue parti, cominciando da quei gioielli contadineschi, per mezzo dei quali ci pervennero molte tradizioni della buona tecnica.

In mezzo ai divagamenti di alcuni, che si ostinano a voler ancora introdurre negli ornamenti muliebri pezzi enormi di musaico, di conchiglie incise, di lave e di tante altre materie di discordanti colori, che dànno aspetto di grande trivialità, è un fatto oramai evidentissimo, che il ritorno allo stile ed ai metodi di lavoro, usati dagli antichi, ha rialzato l’industria nelle varie provincie nostre. E questo beneficio si è potuto ottenere mediante la scuola, che col consiglio e la cooperazione intelligente del Duca Don Michelangelo Caetani, la nostra famiglia riuscì a fondare in Roma verso il 1840. L’ammirazione, che questo ritorno alle vecchie tradizioni seppe destare negl’intelligenti di ogni paese, spronò dapprima gli orafi romani sì fattamente, che potemmo vedere in pochi anni aprirsi in Roma varie officine l’una dopo l’altra, come per incanto. Seguirono il buon esempio i napoletani ed i toscani; nè all’arte rinnovellata bastò poi l’Italia, ma la vedemmo passare le Alpi