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xx - la nuova letteratura 387


speculazione libraria, destò curiositá, fu il libro delle donne e de’ giovani, che vi pescavano un frasario amoroso. Ma non vi si die’ importanza politica né letteraria; anzi molti, tratti da somiglianze superficiali, lo dissero imitazione del Werther. Il fatto è che non rispondeva allo stato della pubblica opinione, distratta da cosi rapida vicenda di cose e di uomini; e quelle disperazioni erano contraddette dalle nuove speranze.

Foscolo si mescolò alla vita italiana e si senti fiero della sua nuova patria, della patria di Dante e di Alfieri. Le necessitá della vita lo incalzavano. E ancora piú, uno spirito guerriero che gli ruggia dentro e non trovava espansione, una forza inquieta in ozio. Giovane, pieno d’illusioni, appassionato, con tanto «furore di gloria», con tanto orgoglio al di dentro, con un grande desiderio di fare, e di fare grandi cose, lui, educato da Plutarco, stimolato da Alfieri, quell’ozio forzato lo gitta violentemente in sé, gli rode l’anima. È la malattia ch’egli chiama nel suo Ortis, con una energia piena di veritá, «consunzione dell’anima». Lo vedi a Milano, vagante, scontento, fremente, ora rinselvarsi, fantasticare, scrivere se stesso in verso, ora giocare, donneare, contendere, far baccano. Gli balena innanzi il suicidio, ed ha appena venti anni:


                                              Non son chi fui; peri di noi gran parte:
questo che avanza è sol languore e pianto.
     


In questa malattia di languore s’intenerisce, pensa alla madre, al fratello, alla sua lontana Zacinto, non senza certi ribollimenti, che annunziano la vigoria di una forza rósa, non doma. Alfieri a venti anni si sfogava correndo Europa : Foscolo si sfogava verseggiando. Le sue effusioni liriche sono la sua storia da’ sedici a’ venti anni. Ricomparisce in quei versi una intimitá dolce e malinconica, di cui l’Italia avea perduta la memoria, e gli veniva non solo dal Petrarca, ma dalla terra materna, dal suo sentire greco, dalle «corde eolie maritate alla grave itala cetra». Ecco versi, preludio di Giacomo Leopardi:


                                              Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra: a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.