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xx - la nuova letteratura 385


aveva ancora una nuova personalitá, un consapevole possesso di se stessa. Il sole irradiava appena gli alti monti. Nella stessa borghesia, ch’era la classe colta, trovavi una confusione d’ idee vecchie e nuove, niente di chiaro e ben definito, audacie ed utopie mescolate con pregiudizi e barbarie. Non erano sorti avvenimenti atti a stimolare le passioni, a formare i caratteri. Priva d’iniziativa propria, aspettavano prima tutto da’ principi, poi tutto da’ forestieri. Fatti liberi e repubblicani senza merito loro, rimasero al séguito de’ loro liberatori, come clientela messa li per batter le mani e far la corte al padrone magnanimo. E quando, passato la luna di miele, il padrone ebbe i suoi capricci e prese aria di conquistatore e d’invasore, gittarono le alte grida, e cominciò il disinganno.

I centri piú attivi di questi avvenimenti furono Napoli e Milano, colá dove le idee nuove si erano mostrate piú vive. Napoli, fatta repubblica e abbandonata poco poi a se stessa, ebbe in pochi mesi la sua epopea. Febei voi. Pagano, Cirillo, Conforti, Manthoné, cui il patibolo cinse d’immortale aureola! La loro morte valse piú che i libri, e lasciò nel regno memorie e desidèri non potuti piú sradicare. Sfuggirono alla strage alcuni patrioti, che ripararono a Milano, e tra gli altri il Cuoco, che narrò gli errori e le glorie della breve repubblica con una sagacia aguzzata dall’esperienza politica. Milano divenne il convegno de’ piú illustri patrioti. Metastasio e Goldoni, Filangieri e Beccaria erano morti da pochi anni. Bettinelli, il Nestore, sopravviveva a se stesso. Alfieri, che ne’ primi entusiasmi avea cantata la liberazione dell’America e la presa della Bastiglia, vedute le esorbitanze della Rivoluzione, sdegnoso e vendicativo sfogava nel Misogallo, nelle Satire l’acre umore; e, contraddetto dagli avvenimenti, si seppelliva, come Parini, nel mondo antico, e, studiando il greco, finiva la vita nel riso sarcastico di commedie triste. Cesarotti, addormentato sugli allori, recitava dalla cattedra lodi ufficiali e scriveva in versi panegirici insipidi. Pietro Verri, salito in ufficio, maturava con poca speranza progetti e riforme. La vecchia generazione se ne andava al suono dei poemi lirici di Vincenzo Monti, professore, cavaliere.


F. de Sanctis, Storia della letteratura italiana - ii.

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