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xx - la nuova letteratura | 373 |
Tratta la parola come non fosse suono, e si diletta di lacerare i ben costrutti orecchi italiani; e a quelli che strillano dá la baia:
Mi trovan duro? Anch’io lo so: pensar li fo. Taccia ho d’oscuro? Mi schiarirá poi libertá. |
All’Italia del Frugoni e del Metastasio dice ironicamente:
Io canterò d’amor soavemente: molle udirete il flauticello mio l’aure agitare armoniosamente per lusingare il vostro eterno oblio. |
Ciò che parevano i suoi versi e ciò che ne pare a lui, si vede da questo epigramma contro i pedanti:
Vi paion strani? Saran toscani. Son duri duri, disaccentati... Non son cantati. Stentati, oscuri, irti, intralciati... Saran pensati. |
Pure Alfieri, discepolo di sé, non era ben sicuro del fatto suo, e consultò Cesarotti, Parini, tutti quelli che andavano per la maggiore. Voleva un modello di verso tragico, e un barlume ne vedeva nell’Ossian. Ma voleva l’impossibile, e in ultimo prese il miglior partito, fece da sé. «Osa, contendi», gli diceva in un bel sonetto Parini. E lui a sudare intorno a’ suoi versi, tormentandoli in mille guise; ma
Gira, volta, ei son francesi. |
Gira, volta, ei son versi di Alfieri, energicamente individuali, «carme piú aguzzo assai che tondo». Questo ei chiamava «stile tragico». La forma letteraria era vuota e sonora cantilena. Lui,