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Contrapposto alla virtú è il piacere, e qui si sviluppano tutte le facoltá idilliche del poeta. In Erminia l’idea idillica è la pace della vita campestre, farmaco del dolore vólto in dolce melanconia. Qui l’idea idillica è il piacere della bella natura spinto sino alla voluttá e alla mollezza, come ozio di anima e contrapposto alla virtú e alla gloria: ciò che il poeta chiude nel motto «quel che piace, ei lice», traduzione del dantesco «libito fe’ licito». Questa idea è sviluppata nel canto della ninfa e nel canto dell’uccello, che sono due veri inni al Piacere:


                               Solo chi segue ciò che piace è saggio.      


Il primo canto è di una esecuzione cosi perfetta per naturalezza e semplicitá che soggioga anche il severo Galilei e gli fa dire che qui il Tasso si accosta alla divinitá dell’Ariosto. L’altro canto è fondato su questo concetto maneggiato cosi spesso da Lorenzo e dal Poliziano: «Amiamo, ché la vita è breve». L’immagine è anche imitata dal Poliziano: è la descrizione della rosa, fatta pure dall’Ariosto; ma, dove nel Poliziano c’ è il puro sentimento della bellezza, qui si sviluppa un elemento sentimentale o elegiaco: l’impressione non è la bellezza della rosa, ma la sua breve vita, e ne nasce un canto immortale, penetrato di piacere e di dolore, il cui complesso è una voluttá resa piú intensa da immagini tenere, fatti la morte e il dolore istrumenti del piacere e deU’amore. Il protagonista di questo mondo idillico è Armida; anzi questo mondo è il suo prodotto, perché essa è la maga del piacere, che gli dá vita. Armida e Rinaldo ricordano Alcina e Ruggiero, e il concetto stesso del guerriero tenuto negli ozi lontano dalla guerra risale ad Achille in Sciro, come l’idea dell’amore sensuale che trasforma gli uomini in bestie è giá tutta intera nella maga Circe. Di questa lotta tra il piacere e la virtú si trovano vestigi poetici in tutte le nazioni. Il Tasso, con un senso di poesia profondo ha fatto di Armida una vittima della sua magia. La donna vince la maga; e, come Cupido finisce innamorato di Psiche, cioè a dire di divino si fa umano, Armida finisce donna, che obblia Idraotte e l’inferno e la sua missione, e pone la sua magia a’ servigi del suo amore.