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156 storia della letteratura italiana


Il suo mondo religioso ha de’ lineamenti fissi e giá trovati, non prodotti dal suo cervello. La sua critica e la sua filosofia è cosa imparata, ben capita, ben esposta, discorsa con argomenti e forme proprie; ma non è cosa scrutata nelle sue fonti e nelle sue basi, dove logori una parte del suo cervello. Ignora Copernico e sembra estraneo a tutto quel gran movimento d’idee, che allora rinnovava la faccia di Europa e allettava in pericolose meditazioni i piú nobili intelletti d’Italia. Innanzi al suo spirito ci stanno certe colonne d’Ercole, che gli vietano andare innanzi; e, quando involontariamente spinge oltre lo sguardo, rimane atterrito e si confessa al padre inquisitore, come avesse gustato del frutto proibito. La sua religione è un fatto esteriore al suo spirito, un complesso di dottrine da credere e non da esaminare, e un complesso di forme da osservare. Nel suo spirito ci è una coltura letteraria e filosofica indipendente da ogni influenza religiosa, Aristotele e Platone, Omero e Virgilio, il Petrarca e l’Ariosto, e piú tardi anche Dante. Nel suo carattere ci è una lealtá e alterezza di gentiluomo, che ricorda tipi cavallereschi anziché evangelici. Nella sua vita ci è una poesia martire della realtá : vita ideale nell’amore, nella religione, nella scienza, nella condotta; riuscita a un lungo martirio, coronato da morte precoce. Fu una delle piú nobili incarnazioni dello spirito italiano: materia alta di poesia, che attende chi la sciolga dal marmo dove Goethe l’ha incastrata, e rifaccia uomo la statua.

Che cosa è dunque la religione nella Gerusalemme? È una religione alla italiana, dommatica, storica e formale: ci è la lettera, non ci è lo spirito. I suoi cristiani credono, si confessano, pregano, fanno processioni: questa è la vernice; quale è il fondo? È un mondo cavalleresco, fantastico, romanzesco e voluttuoso, che sente la messa e si fa la croce. La religione è l’accessorio di questa vita: non ne è lo spirito, come in Milton o in Klopstok. La vita è, nella sua base, quale si era andata formando dal Boccaccio in qua, col suo ideale tra il fantastico e l’idillico, aggiuntavi ora un’apparenza di serietá, di realtá e di religione.