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ix - il «decamerone» 293

l’innamoramento, i sospiri, i desiri, i pentimenti, il volgersi a Dio e alla Madonna; ma la bella unitá lirica del mondo di Dante e del Petrarca è rotta, ed ogni idealitá è scomparsa. Dietro alle stesse forme è un diverso contenuto, che mal vi si adagia. La donna in nome è ancora un’angioletta, ma che angiolo! Ella sta, non raccolta e modesta nella sua ingenuitá infantile come Bice, o nella sua casta dignitá come Laura; ma

all’ombra di mille arbori fronzuti,
in abito leggiadro e gentilesco,

tende lacci

con gli occhi vaghi e col cianciar donnesco.

Hai la donna vezzosa e civettuola della vita comune, ed un amante distratto, che ora esala sospiri profani in forme platoniche e tradizionali, ora pianta lí la sua angioletta e si sfoga contro i suoi avversari, e ragiona della morte e della fortuna o inveisce contro le donne:

     Elle donne non son, ma doglia altrui,
senza pietá, senza fé, senz’amore,
liete del mal di chi piú lor credette.

Perché meglio si comprenda questa disarmonia tra forme convenzionali e un contenuto nuovo, guardiamo questo sonetto:

     Sulla poppa sedea d’una barchetta,
che ’l mar segando presta era tirata,
la donna mia con altre accompagnata,
cantando or una or altra canzonetta.
     Or questo lito ed or quell’isoletta,
ed ora questa ed or quella brigata
di donne visitando, era mirata
qual discesa dal ciel nuov’angioletta.
     Io che, seguendo lei, vedeva farsi
da tutte parti incontro a rimirarla
gente, vedea come miracol nuovo:
     ogni spirito mio in me destarsi
sentiva, e, con Amor di commendarla
vago, non vedea mai il ben ch’io provo.