Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
292 | storia della letteratura italiana |
Con le stesse forme e con lo stesso disegno di Dante il Boccaccio riesce a un concetto della vita affatto opposto: alla glorificazione della carne, nella quale è il riposo e la pace. La «divina commedia» qui è cavata fuori del soprannaturale, in cui Dante aveva inviluppata l’umanitá e se stesso e il suo tempo, ed è umanizzata, trasformata in un real castello, sede della coltura e dell’amore. Se non che il Boccaccio non vide che quelle forme contemplative e allegoriche, naturale involucro di un mondo mistico e soprannaturale, mal si attagliavano a quella vita tutta attiva e terrena, ed erano disformi al suo genio, superficiale ed esterno, privo di ogni profonditá ed idealitá: perciò riesce monotono, prolisso e volgare. Oggi, a tanta distanza, c’è difficile a concepire come non abbia trovato subito il suo genere, che è la rappresentazione della vita nel suo immediato, sciolta da ogni involucro non solo teologico e scolastico ma anche mitologico e cavalleresco. Ma lento è il processo dell’umanitá anche nell’individuo, che passa per molte prove e tentennamenti prima di trovare se stesso. Il Boccaccio, amico delle muse, stima co’ suoi contemporanei che «le cose volgari non possono fare un uomo letterato» e che si richiedono «piú alti studi». E gli «alti studi» sono il latino e il greco, la conoscenza dell’antichitá. Il suo maggior titolo di gloria era l’ampia erudizione, che lo rendeva superiore a Dante ed anche al suo «Silvano», il Petrarca. Trova innanzi a sé forme consacrate e ammirate, le forme epiche di Virgilio e Stazio, le forme liriche di Dante e di Silvano; e in quelle forme vuol realizzare un mondo prosaico che gli si moveva dentro. Nei suoi primi lavori salta fuori tutto il suo mondo greco-romano, mitologico e storico, con grande ammirazione de’ contemporanei. Gli amori di Troilo e Griseida, d’Arcita e Palemone passarono le Alpi e fecondarono l’immaginazione di Chaucer; i quadri storici e mitologici della sua Visione ispirarono molti Saggi e molti Tempii dell’umanitá. Chi legge i Reali di Francia e tante scarne traduzioni di romanzi francesi allora in voga, può concepire che gran miracolo dové parere la Teseide, il Filostrato e il Filocolo. Anche nelle sue Rime si vede l’uomo nuovo alle prese con forme vecchie. Vi trovi il solito repertorio,