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ix - il «decamerone» | 291 |
Dante nel limbo. Tutto il canto quinto è consacrato a Virgilio e a Dante, del quale dice:
Costui è Dante Alighier fiorentino, |
Dalla sala delle muse si passa nella sala della Gloria. E ti sfilano innanzi moltitudine di uomini venuti in fama, quasi un quadro della storia del mondo. Da Saturno e Giove scendi all’etá de’ giganti e degli eroi; poi giungi agli uomini e alle donne illustri di Grecia e di Roma; in ultimo viene la cavalleria ne’ suoi due circoli di Arturo e Carlomagno, sino all’ultimo cavaliere, Federico secondo, e l’occhio si stende a Carlo di Puglia, Corradino, Ruggeri di Loria e Manfredi. Il poeta dá libero corso alla sua vasta erudizione, intento piú a raccogliere esempli che a lumeggiarli; sicché nessuno de’ suoi personaggi è giunto a noi cosí vivo come è l’Omero e l’Aristotile del limbo dantesco o l’Omero del Petrarca.
Siamo infine nella sala di Amore e Venere. E come innanzi la storia, qui vien fuori la mitologia, e senti le prodezze amorose di Giove, Marte, Bacco e Pluto ed Ercole. Poi vengono gli amori di Giasone, Teseo, Orfeo, Achille, Paride, Enea, Lancillotto.
Scienza, gloria, amore: ecco la vita quando non vi s’intrometta la Fortuna e colpisca Cesare o Pompeo nel sommo della felicitá. Percorsi i circoli della vita, comincia il tripudio o la beatitudine; e non sono giá le danze delle luci sante nel trionfo di Cristo o degli angeli, ma le voluttuose danze di un paradiso maomettano o le danze delle ninfe napolitane a Baia. Il poeta s’innamora; e mentre in sogno si tuffa negli amorosi diletti e tiene fra le braccia la donna, si sveglia, e la sua guida gli dice:
Ciò che porse |
E mentre la visione si dilegua, ella lo raccomanda al «sir di tutta pace», all’Amore.