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ix - il «decamerone» 287

La stessa prosaica maniera trovi nell’ottava seguente:

     Il sangue quivi de’ corpi versato,
e de’ cavalli ancor similemente,
aveva tutto quel campo innaffiato,
onde attutata s’era veramente
e la polvere e ’l fummo: imbragacciato
di sangue era ciascun destrier corrente,
o qualunque uomo vi fosse caduto,
benché a caval poi fosse rivenuto.

Qui il sangue è talmente analizzato negli oggetti e congiunto con particolari cosí vuoti e insignificanti, che se ne perde l’impressione. Alla grande maniera, sobria, rapida, densa, di Dante, del Petrarca, succede il prolisso, il diluito e il volgare. Chi ricorda descrizioni simili nell’Ariosto e nel Tasso, vi troverá le stesse cose, ma vive e mobili, piene di sentimento e di significato. Nel canto duodecimo descrive la bellezza di Emilia da’ capelli fino alle anche, anzi fino a’ piedi; e non si contenta di passare a rassegna tutte le parti del corpo, ché di ciascuna fa minuta descrizione, e non solo nel quale, ma nel quanto, sí che pare un geometra misuratore. Delle ciglia dice:

                         Piú che altra cosa
nerissime e sottil, nelle qua’ lata
bianchezza si vedea lor dividendo,
né il debito passavan sé estendendo.

Ecco un’ottava similmente prosaica su’ capelli:

     Dico che li suoi crini parean d’oro,
non per treccia ristretti, ma soluti,
e pettinati sí che infra loro
non n’era un torto, e cadean sostenuti
sopra li candidi omeri, né fôro
prima né poi si be’ giammai veduti:
né altro sopra quelli ella portava
ch’una corona che assai si stimava.

Ottave e versi soffrono malattia di languore: cosí procede il suono fiacco e sordo.