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ix - il «decamerone» 281

Beatrice, e si die’ all’amore delle donne: ciò che l’indusse al gran viaggio nell’altro mondo, ove se ne fece cosí aspramente rimproverare da Beatrice. Il quale amore non pare poi un cosí gran peccato al nostro scapolo. «Chi sará tra’ mortali giusto giudice a condannarlo? non io». Ed ecco venire innanzi l’erudito, e citare parecchi casi di uomini illustri vinti dalle donne: Giove, Ercole, Paride, Adamo, Davide, Salomone, Erode. Ti par di assistere a una parodia. Eppure niente è piú serio. Il giovane è pieno di ammirazione verso Dante, che chiama un «iddio fra gli uomini», e crede con questa Vita riparare alla ingratitudine di Firenze e alzargli un monumento.

La Vita di Dante è una rivelazione. Qui dentro si manifesta l’autore in tutta la sua ingenuitá e spontaneitá: vi trovi il nuovo uomo che si andava formando in Italia. Mette in un fascio mondo sacro e profano, Bibbia e mitologia, teologia e poesia: la teologia è una «poesia di Dio», una «fizione poetica». Questa strana mescolanza era giá comune al secolo: Dante stesso ne dava esempio. Ma dove Dante tirava il mondo antico nel circolo del suo universo e lo battezzava, lo spiritualizzava; il Boccaccio sbattezza tutto l’universo e lo materializza. In teoria ammette la religione, e parla con riverenza della teologia, che ci fa conoscere «la divina essenza e le altre separate intelligenze». Ma in pratica questo mondo dello spirito rimane perfettamente estraneo alla sua intelligenza e al suo cuore. Misticismo, platonicismo, scolasticismo, tutto il mondo dantesco non ha alcun senso per lui. Non solo questo mondo gli rimane estraneo come coltura, ma ancora piú come sentimento. E gli manca non solo il sentimento religioso, ma fino quella certa elevatezza morale che talora ne fa le veci. Spento è in lui il cristiano e anche il cittadino. Non gli è mai venuto in mente che servire la patria e dare a lei l’ingegno e le sostanze e la vita è un dovere cosí stretto come è il provvedere al proprio sostentamento. Dietro al cittadino comincia a comparire il buon borghese, che ama la sua patria, ma a patto non gli dia molto fastidio e lo lasci attendere alla sua industria e non lo tiri per forza di casa o di bottega. De’ guelfi e ghibellini è perduta la memoria,