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Il paradiso propriamente detto è il cielo empireo, immobile e che tutto move, centro dell’universo. Ivi sono gli spiriti, ma, secondo i gradi de’ loro meriti e della loro beatitudine, appariscono ne’ nove cieli che girano intorno alla terra: la luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove, Saturno, le stelle fisse e il primo mobile. Ne’ primi sette cieli, che sono i sette pianeti, ti sta avanti tutta la vita terrena. La luna è una specie di avantiparadiso. I negligenti aprono l’inferno e il purgatorio, e aprono anche il paradiso. E i negligenti del paradiso sono i manchevoli non per volontá propria, ma per violenza altrui. Il loro merito non è pieno, perché mancò loro quella forza di volontá che tenne Lorenzo sulla grata e fe’ Muzio severo alla sua mano. Perciò in loro rimane ancora un vestigio della terra: la faccia umana. In Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove hai le glorie della vita attiva: i legislatori, gli amanti, i dottori, i martiri, i giusti. In Saturno hai la corona e la perfezione della vita: i contemplanti. Percorsi i diversi gradi di virtú, comincia il tripudio o, come dice il poeta, il trionfo della beatitudine. Ed hai nelle stelle fisse il trionfo di Cristo, nel primo mobile il trionfo degli angioli, e nell’empireo la visione di Dio, la congiunzione dell’umano e del divino, dove s’acqueta il desiderio.

Questa storia del paradiso secondo i diversi gradi di beatitudine ha la sua forma ne’ diversi gradi di luce.

La luce, veste e fascia delle anime, è la sola superstite di tutte le forme terrene, e non è vera forma, ma semplice parvenza e illusione dell’occhio mortale. Essa è la stessa beatitudine, la letizia delle anime, che prende quell’aspetto agli occhi di Dante:

                                         La mia letizia mi ti tien celato,
che mi raggia d’intorno e mi nasconde,
quasi animai di sua seta fasciato.
     

Queste parvenze dell’interna letizia si atteggiano, si determinano, si configurano ne’ piú diversi modi, e non sono altro che i sentimenti o i pensieri delle anime, che paion fuori in quelle forme. E n’esce la natura del paradiso, luce diversamente atteggiata e configurata, che ha aspetto or di aquila, or di croci,